Chirurgia plastica del melanoma

La chirurgia plastica del melanoma è un campo medico altamente specializzato e cruciale nella gestione di questa pericolosa forma di cancro della pelle.

La chirurgia plastica del melanoma è un campo medico altamente specializzato e cruciale nella gestione di questa pericolosa forma di cancro della pelle. Il melanoma è una delle neoplasie cutanee più aggressive, ma quando diagnosticato in fase precoce, le opzioni terapeutiche, tra cui la chirurgia plastica, possono offrire risultati estetici e funzionali notevoli. La chirurgia plastica nel trattamento del melanoma mira a rimuovere il tumore, preservando al contempo la migliore funzionalità e l’estetica possibile dell’area interessata. Grazie ai continui avanzamenti nella tecnologia chirurgica e alle tecniche di ricostruzione, gli specialisti in chirurgia plastica sono in grado di fornire soluzioni personalizzate per ciascun paziente, migliorando la qualità di vita e contribuendo al successo del trattamento. Questo paragrafo introduttivo esplora l’importanza della chirurgia plastica nella gestione del melanoma, sottolineando il ruolo vitale che svolge nell’assicurare sia la sopravvivenza del paziente che la sua completa ripresa estetica e funzionale.

Sezione a cura del Dott Daniele Gandini, Specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, Casa di Cura S. Rossore, Pisa

(per prenotazioni: 050586217 o 050586111 – cell: 3386053169)

Biopsia escissionale: Il primo approccio chirurgico ad una lesione pigmentata cutanea sospetta deve sempre essere quello di una escissione limitata a scopo bioptico (1-2 millimetri di margine) e sutura diretta. Come vedremo in seguito, una asportazione direttamente ampia, come era in uso anni fa, è assolutamente da evitare, dato che l’esito cicatriziale più ampio, comprometterebbe irrimediabilmente la eventuale (dove indicata) procedura di ricerca del linfonodo sentinella (vedere sezione “trattamento chirurgico del melanoma”); questo perché una cicatrice di una certa dimensione danneggia l’anatomia del drenaggio linfatico regionale, la cui integrità è necessaria per la corretta migrazione del radiofarmaco utilizzato dal chirurgo per individuare il linfonodo (o i lifonodi) drenanti la zona del melanoma. Anche la piccola cicatrice della prima escissione a scopo bioptico deve comunque essere sempre fatta nel rispetto assoluto delle tecniche di chirurgia plastica, e cioè con estrema delicatezza nella manipolazione dei tessuti, possibilmente senza nessun scollamento laterale, e con emostasi rapida ed accuratissima, per evitare rischi di diffusione di eventuali cellule maligne per via ematica. L’escissione di un sospetto melanoma deve essere sempre completa e a tutto spessore eccetto in rarissimi casi selezionati, ad esempio di lesioni di grandi dimensioni (estese lentigo maligne, Dubreuilh..), dove per evitare demolizioni invalidanti in assenza di diagnosi certa, può essere richiesta una biopsia intra lesionale, procedura che può comportare qualche rischio di diffusione metastatica. L’ escissione limitata del nevo sospetto deve essere sempre eseguita con bisturi freddo (non elettrobisturi né laser!) e può essere generalmente fatta ambulatoriamente, in anestesia locale, con infiltrazione di anestetico, possibilmente con l’aggiunta di vasocostrittore (adrenalina) non infiltrando la zona sottostante la lesione ma sola mente ai margini (cosiddetta anestesia a barriera). La chiusura della piccola losanga cutanea richiede, praticamente in qualsiasi distretto cutaneo, solamente una sutura diretta sia dei piani profondi (vycril, dexon, maxon, biosyn, nylon) che della cute (nylon). Se non strettamente necessari (lesioni grandi in zone particolari), sono assolutamente da evitare lembi locali e tantomeno innesti cutanei in prima istanza, sempre per l’elevato rischio di compromissione delle vie linfatiche.

Escissione allargata: In caso di conferma istologica di melanoma, si dovrà provvedere il prima possibile, e comunque non oltre i tre mesi, ad un allargamento dell’ampiezza dell’escissione limitata secondo le attuali linee giuda. In questo caso, a seconda della zona, può essere necessaria l’esecuzione di lembi di vicinanza (Limberg, Doufourmentel) o innesti cutanei a tutto spessore (sec. Wolfe), in questa fase consentiti, dato che l’eventuale marcatura del linfonodo con mezzo di contrasto è già stata fatta. La procedura della radicalizzazione chirurgica (allargamento) viene infatti eseguita subito dopo la linfoscintigrafia (giorno stesso o giorno dopo), contestualmente alla linfadenectomia selettiva (asportazione del linfonodo sentinella). In ogni caso, per la riparazione della perdita di sostanza residua dovranno essere sempre adottate le procedure più semplici possibili e la chiusura diretta, ove possibile, è sempre preferibile. L’utilizzo di lembi ad isola a distanza è da riservare eccezionalmente solo ai casi di esposizione di strutture ossee, vascolari o tendinee. L’innesto è, anche se esteticamente poco valido, preferibile ai lembi locali, dato che può facilitare l’individuazione di eventuali metastasi satelliti in caso di recidive locoregionali. I margini di allargamento attuali sono, rispetto al passato, decisamente ridotti, basti pensare che solo 15 anni fa veniva ancora eseguito il cosiddetto allargamento con la tecnica della Olsen (chirurga scandinava degli anni settanta) che prevedeva estese escissioni di 10 cm e oltre, anche se con il risparmio della fascia muscolare. Le attuali riduzioni (al massimo 3 cm) permettono nella stragrande maggioranza di casi di eseguire una adeguata chiusura della zona, ma alcune zone sensibili, come ad esempio al volto e orecchio, possono richiedere piccole modifiche ai protocolli, con riduzione dei margini di sicurezza, al fine di poter consentire una adeguata ricostruzione della zona, senza provocare mutilazioni psicologicamente invalidanti; anche qui la chirurgia plastica ha molte soluzioni ricostruttive, come ad esempio all’orecchio, dove particolari tecniche ne consentono il rimodellamento senza distorsioni anche dopo una escissione allargata di melanoma o al naso dove è possibile preservarne l’unità estetica. In caso di melanoma sub ungueale di mano e piede le linee guida impongono la disarticolazione della intera falange distale; per melanomi prossimali delle dita, qualora non sia possibile eseguire adeguati margini di escissione è indicata la completa amputazione del dito interessato compreso il metacarpo per la mano e il metatarso al piede.

Biopsia del linfonodo sentinella: Questa procedura, le cui caratteristiche e indicazioni sono già ampiamente descritte nella sezione “trattamento chirurgico”, richiede alcuni importanti accorgimenti da parte del chirurgo plastico che la esegue. A seconda del numero di linfonodi evidenziati e delle sedi, può essere necessaria una breve anestesia generale, ma di solito si esegue in sedazione più anestesia locale. La stazione linfonodale viene infiltrata con una soluzione di anestetico (bupivacaina, mepivacaina,..) con vasocostrittore, diluita con soluzione fisiologica. Il radiofarmaco utilizzato, consentirà ad un operatore esperto, coadiuvato in sala operatoria dal medico nucleare, e con l’utilizzo di un rilevatore di scintigrammi intraoperatorio, di asportare il linfonodo senza problemi e con elevatissima precisione. L’utilizzo aggiuntivo di un colorante vitale (patent blue V, più indicato del bleu di metilene) può ulteriormente facilitare “visivamente” il compito del chirurgo nella localizzazione del linfonodo. Il colorante vitale dovrà essere iniettato nelle stesse sedi del radiofarmaco (intorno alla cicatrice) una ventina di minuti prima dell’intervento chirurgico. Anche la procedura del linfonodo sentinella deve essere eseguita nel pieno rispetto delle regole base della chirurgia plastica, e cioè di massima atraumaticità per i tessuti, minimo sanguinamento e rispetto delle strutture sane circostanti al linfonodo da asportare; un intervento delicato e ben eseguito riduce quasi a zero le eventuali, possibili complicanze locali di questa procedura: ematomi, sieromi, linfedema dell’arto). A conclusione dell’intervento dovrà sempre essere posizionato per qualche giorno un piccolo drenaggio laminare (Penn Rose) per evitare raccolte linfatiche. Sono interventi che si possono fare generalmente in regime di day hospital anche in caso di anestesia generale. E’ sempre consigliata una adeguata profilassi antibiotica perioperatoria. Controindicazioni all’ esecuzione di questa procedura sono infine, oltre a pregressa asportazione non limitata con uso di lembi od innesti, la presenza di adenopatie linfonodali sospette, evidenza di metastasi a distanza e/o viscerali, gravi patologie associate. Una controindicazione relativa è l’obesità.

Gli esiti cicatriziali: Con gli attuali margini di escissione, minimi rispetto agli anni passati, i vecchi e antiestetici esiti cicatriziali dopo la chirurgia del melanoma sono ridotti al minimo, ma in alcuni casi, può essere richiesta dai pazienti (soprattutto se giovani donne) una correzione delle cicatrici residue. Per ovvii motivi oncologici (controllo delle possibili recidive satelliti) è sconsigliato eseguire procedure correttive soprattutto se con apporto di tessuti (lembi, lipofilling) entro i 10 anni obbligatori di follow up (controlli nel tempo); alcuni casi di melanomi sottili, e cioè a basso rischio, possono prevedere procedure estetico-ricostruttive anche dopo cinque anni, ma mai prima.

Bibliografia

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6 Olsen G: The malignant melanoma of the skin. New theories based on a study of 500 cases. Scand Suppl. 1966;365:1-222

7 Salimbeni G, Castagni P, Gandini D et al.: Follow Up of 102 patients submitted to surgery for melanoma from 1978-1988, Melanoma Research 1993, 3: 1

8 Santoni-Rugiu P, Le Plastiche cutanee, ed. Piccin, 1988

9 Wong JH, Cagle LA, Morton D: Lymphatic drainage of skin to a sentinel limph node in a feline model, Ann Surg 1991, 214:637