Fattori prognostici

Malgrado l’aumento di incidenza del melanoma la prognosi è nettamente migliorata negli ultimi 20 anni e ciò è dovuto ad una diagnosi precoce, infatti sempre più vengono asportati melanomi superficiali. Tra i fattori prognostici piu’ importanti deve essere considerato lo spessore della neoplasia. Comunque anche altri elementi aiutano a formulare una prognosi nei pazienti affetti di melanoma.

Spessore del melanoma: l’indice di Breslow sembra piu’ accurato rispetto a quello di Clark. L’indice di Breslow viene misurato dalla superficie epidermica o dalla base dell’ulcerazione e viene eseguito con un micrometro oculare calibrato. Pazienti con melanomi di 1 mm di spessore hanno il 20 % di mortalità a 10 anni, mentra pazienti con tumori di spessore > di 4 mm hanno il 50 % di mortalità a 10 anni. L’indice di Breslow è un indice prognostico importante nei tumori delle mucose.

Ulcerazione: in genere le lesioni ulcerate hanno un maggior spessore di quelle non ulcerate. Le lesioni ulcerate ovviamente appaiono di spessore inferiore poichè la parte superficiale della lesione è stata eliminata. La tendenza a metastatizzare di queste lesioni è elevata. La sopravvivenza a 5 anni dei melanomi stadio I-II diminuisce dall’ 80% al 55 % in presenza di ulcerazione e nello stadio III dal 53% al 12 %.

Mitosi: è il numero di mitosi per millimetro quadrato; maggiore è il numero di mitosi e peggiore è la prognosi. Vari studi hanno dimostrato che a parità di spessore la prognosi è peggiore se le mitosi sono maggiori. Pazienti con più di 6 mitosi sembra che abbiano una mortalità relativa a 5 anni maggiore di 11.4 volte. Normalmente si distingue bassa attività mitotica= 1 mitosi/mm2, moderata attività mitotica= 1-6 mitosi/mm2; alta attività mitotica = > di 6 mitosi/mm2. Un marker dell’attività mitotica può essere pure ottenuto dai fattori nucleari che servono come indicatori dell’attività proliferativa. Il MIB-1 che è un anticorpo monoclonale che riconosce Ki-67 epitopo. Ramsey ha visto una riduzione della sopravvivenza nei melanomi spessi con Breslow >4 mm Stadio I con alta reattività verso MIB-1. Inoltre è stata vista una progressiva maggior reattività dell’MIB-1 da parte dei nevi benigni, melanomi primitivi e metastasi. Il PCNA (Proliferating Cell Nuclear Antigen) può essere considerato un altro marker prognostico, è una polimerasi ed è stato ricavato un anticorpo in grado di marcarla. Il PCNA index è il numero di cellule marcata per 1000 cellule tumorali. Nei nevi benigni l’indice è in media di 7,2 e nei melanomi di 248.5.

Regressione: è la sostituzione del tessuto tumorale con fibrosi, cellule degenerate di melanoma, proliferazione linfatica e teleangectasie. Spesso si ritrova un epidermide assottigliata con perdita del pattern retiforme, il derma presenta fibroplasia con poche cellule infiammatorie, melanofagi, edema e teleangectasie e i vasi si pongono perpendicolarmente all’asse lungo dell’epidermide. I risultati degli studi sono contrastanti. Nel 58% dei melanomi è presente regressione. Sembra che tale elemento non abbia valore prognostico nei melanomi profondi, mentre nei melanomi superficiali la regressione può far pensare ad un tumore di spessore maggiore. Uno studio ha confermato che nel caso di melanomi < a 1 mm la regressione era presente nel 42 % dei melanomi che metastatizzavano e nel 5 % dei melanomi che non davano metastasi.

Infiltrazione linfocitaria: l’infiltrazione linfocitaria della massa tumorale si ritiene che sia la risposta immune alle cellule tumorali, tale risposta è misurata dal livello di infiltrato linfocitico alla base della crescita verticale del melanoma e talvolta è suddiviso in: brisk, nonbrisk, assente. Alcuni studi hanno dimostrato che maggiore è la risposta linfocitaria migliore è la prognosi. Nei casi in cui si rileva un brisk lymphocytic infiltrate (infiltrato all’interno di tutta la massa tumorale) la sopravvivenza a 8 anni è 77 %, nei casi di non-brisk lymphocytic infiltrate (infiltrato focale) la sopravvivenza è del 53% e nei casi in cui l’infiltrato è assente la sopravvivenza scende a 37 %. La presenza di macrofagi e plasmacellule è valutato come indice prognostico positivo

Infiltrazione angiolinfatica: alcuni studi hanno evidenziato una correlazione tra profondità del melanoma e l’invasione angiolinfatica, inoltre nei casi di invasione angiolinfatica le metastasi erano più frequenti con riduzione della sopravvivenza. La presenza di invasione angiolinfatica in un melanoma primitivo in fase di crescita verticale riduce la sopravvivenza del 40 % a 8 anni. Spesso la presenza di invasione focale rende difficile la differenziazione rispetto ad alcuni artefatti per cui l’immunoistochimica contro target endoteliali CD31 e CD34 può facilitare la diagnosi differenziale.

Satellitosi microscopica: si considerano noduli più grandi di 0,05 mm in larghezza separati dalla crescita verticale tumorale. Se distanti 2 cm dalla neoplasia sono considerate metastasi in transito e sono un segno di prognosi severa. Clark e coll notarono un calo della sopravvivenza a 8 anni dal 75 % al 40 % nei casi di satellitosi. Talvolta alcuni artefatti istologici possono mimare le metastasi.

Linfonodo sentinella: la sopravvivenza a 10 anni crolla dal 50% in caso di 1 linfonodo sentinella positivo al 20 % se i linfonodi positivi sono 4. Quindi il numero di linfonodi sentinella positivi è considerato un segno prognostico significativo.

Sesso: vari studi hanno dimostrato una prognosi migliore nel sesso femminile spesso dovuta alla presenza di melanomi sottili non ulcerati e al fatto che le donne hanno una maggior incidenza di melanomi sugli arti.

Età: negli anziani il melanoma ha una prognosi peggiore poiché spesso hanno melanomi spessi ed ulcerati. In uno studio su 17000 pazienti si è notato una riduzione della sopravvivenza a 5 e 10 anni per ogni 10 anni di incremento di età.. Pazienti con età inferiore a 30 anni avevano una sopravvivenza a 5 anni dell’87 % comparata al 78%, 71% e 60% per i pazienti di 60, 70 e 80 anni.

Localizzazione: i melanomi degli arti hanno una prognosi migliore rispetto ai melanomi del tronco e del capo e collo. I melanomi subungueali hanno una prognosi peggiore rispetto agli arti. Orecchio e collo sono sedi collegate ad una peggior prognosi.

Mutazione del gene BRAF:  è la mutazione più frequente notata nel melanoma dell’uomo; in uno studio su 38 melanomi metastatici le mutazioni BRAF sono state associate a una crescita più lenta del tumore.

Latticodeidrogenasi (LDH): i livelli sierici elevati hanno una sensibilità del 79% e una specificità del 92% nel determinare una progressione del melanoma in stadio IV, altri markers sono: S100, melanoma-inhibitory activity (MIA), e TA90, albumina sierica (bassi livelli).